OLLOLAI. «La nostra isola deve diventare entro il 2030 totalmente biologica». Efisio Arbau ha lanciato la proposta dal suo blog; ora chiama a raccolta la Sardegna intera per costituire un Comitato promotore che spinga sul pedale dell’acceleratore. «A breve ci sarà un’assemblea pubblica per discuterne insieme» annuncia l’ex sindaco di Ollolai. In prima fila i cittadini, ma anche enti e istituzioni varie, sarà coinvolto persino il mondo accademico, «per il necessario vaglio scientifico». «No, non è uno slogan, e neppure un progetto politico. Non è l’ennesimo abracadabra – assicura Arbau –. È invece un impegno culturale, una nuova filosofia, un traguardo che possiamo raggiungere nell’arco di 8-10 anni». «La Sardegna deve riprendersi quella naturalità che garantirebbe lo sfruttamento di tutto il territorio regionale, boschi e territori marginali compresi, produzioni di qualità e quantità adeguate alla popolazione residente e quella dei turisti che amano la nostra terra. E che la ameranno ancora di più quando potrà darsi una identità “cosmopolita” come quella della naturalità» va avanti l’avvocato pastore, figlio di pastori.

«Sardegna bio sarebbe una carta d’identità unica al mondo. Per i pastori e gli agricoltori questo progetto è un modo per rompere il circolo vizioso che li stringe tra il costo delle materie prime e il basso ricavo del prodotto industriale fondato sulle quantità» spiega Arbau, davanti al palazzo municipale di via Mazzini. All’interno, nella sala giunta, domina un dipinto (di Michele Ghisu) particolarmente emblematico: rappresenta la storica marcia per il lavoro di Michele Columbu, uno dei leader storici del sardismo; nel 1964, allora sindaco di Ollolai, percorse a piedi tutta la Sardegna, fino a Cagliari, per chiedere interventi straordinari per il suo paese e per le zone interne.

«La Sardegna isola biologica – riprende fiato Arbau – ci obbligherebbe ad avere intere filiere costituite sul nostro territorio proprio perché dobbiamo garantire la produzione al naturale, non soltanto di alimenti per gli esseri umani ma anche per gli animali che stiamo allevando. È una linea, questa, favorita dalla nuova programmazione comunitaria. Il futuro è tutto nel green, nel verde, quindi nel biologico». Se da un lato conosce bene il mondo delle campagne, dall’altro l’avvocato pastore è un amministratore pubblico navigato anche nei palazzi della politica. «Le risorse ci sono e ci saranno, anche per attutire i costi iniziali da affrontare per passare da un’agricoltura che è solo intensiva ad un’agricoltura che invece è più dedita al naturale e che riscopre e riutilizza obbligatoriamente anche quei territori adesso marginali».

Già consigliere regionale, sindaco di Ollolai per due mandati, la prima volta dal 2005 al 2010, la seconda dal 2015 al 2020, con intermezzo da consigliere provinciale di opposizione, Efisio Arbau ha lasciato Cagliari e la politica “attiva” nel giugno 2021. Ora si dedica alla professione, nel suo studio legale, e presiede il Distretto rurale della Barbagia, «il primo costituito in Sardegna». È anche responsabile nazionale Aree rurali e montane dell’Aepi, l’Associazione europea dei professionisti e delle imprese. «Ma sia chiaro: la proposta di fare della Sardegna un’isola bio la sto facendo in qualità di uno che vive nelle zone interne» sottolinea. «C’è da dire, tuttavia – aggiunge subito –, che non siamo neanche all’anno zero, nel nostro territorio stiamo già sperimentando diversi progetti di ricerca per certificare le produzioni al naturale. Nell’azienda Agris di Macomer stanno ingrassando i vitelli di razza sarda a erba e a fieno, con ottimi incrementi giornalieri e soprattutto una qualità delle carni notevolmente superiore. È chiaro che così le potenzialità di trovare mercati e dare valore aggiunto all’economia si moltiplicano». «Per partire con Sardegna biologica dobbiamo praticarla. Intanto non dobbiamo più utilizzare né i concimi né i mangimi che non produciamo nell’isola. Dobbiamo andare su un tipo di allevamento ancora più estensivo e con produzioni zootecniche interamente made in Sardegna. Questo è sicuramente il primo passo da sperimentare, ci sono appunto anche i finanziamenti appositi, finanziamenti europei di solito a regia della Regione. Certo, non si tratta di un passaggio dall’oggi al domani, anche perché il biologico ora come ora costa molto di più. Basti un esempio: chi alleva bestiame in biologico paga il mangime almeno il 30, 40% in più. È tutto il sistema che deve riconvertirsi nel suo complesso, non una singola azienda, soltanto in questo modo, con la scelta collettiva e pubblica, i costi verranno ammortizzati».

La carta d’identità bio è fatta così. «Noi sardi siamo specialisti nel racconto molto autoreferenziale dell’identità – insiste l’ex sindaco di Ollolai –. Caratterizzarci effettivamente per essere un’isola con una produzione totalmente al naturale, allora sì che potremmo vantarci di un bel biglietto da visita a livello mondiale. Allora sì che potremmo vantarci di una identità vera e soprattutto coerente: perché effettivamente abbiamo le pecore al pascolo, e i bovini lo stesso, però poi abbiamo un’agricoltura che utilizza sementi ogm, portiamo i maiali da fuori… Non è un ragionamento radicale, non dobbiamo distruggere l’esistente, chi oggi sta facendo imprenditoria legittimamente. Si tratta di riconvertirci e darci un’identità unica che porterà vantaggi a tutti» chiude Efisio Arbau, abituato sempre a parlare al plurale, mai al singolare.

Fonte la nuova Sardegna

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