Il credito ambientale delle comunità rurali e montane. Serve attivare un sistema amministrativo a “burocrazia zero”, dare servizi minimi garantiti e certificare scientificamente e burocraticamente l’attività del contadino custode che favorisce e contribuisce alla transizione energetica a cui sono chiamate le aree urbane inquinanti con il fine di compensare economicamente e fiscalmente (zone franche montane) l’attività che svolge a favore della collettività.
Nelle aree rurali e montane italiane sono insediate piccole comunità che consentono tutt’ora di preservare le principali risorse naturali utili alla vita dell’uomo. Boschi e sorgenti che garantiscono a tutti noi di vivere. Sono comunità che hanno, rispetto alla maggior parte della popolazione che consuma l’ambiente in modo smodato, un credito verso la società, un saldo ambientale favorevole poiché curano boschi e territori a favore della collettività, con i disservizi di una popolazione numericamente non significativa per l’organizzazione die principali e servizi di base, quali sanità, educazione-formazione e trasporti. Ecco il perché di una proposta organica, il cui caposaldo è la programmazione territoriale pluriennale che definisca i livelli essenziali dei servizi principali quali i trasporti, l’istruzione e la sanità. Programmazione da decidere con cadenza triennale con una conferenza di servizi tra le comunità rurali, le loro rappresentanze istituzionali aggregate (Unioni di Comuni Montani) e la Regione competente per territorio. Con fondi statali dedicati all’attuazione della programmazione.
Si parte, in tutti i casi, da una sburocratizzazione totale. Lo strumento è dato dall’istituto giuridico-fìscale delle cosiddette “zone a burocrazia zero” disciplinate dall’articolo 37 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. La modalità attuativa è quella di individuare in tutti i comuni rurali le “zone a burocrazia zero” e con apposite convenzioni attivare percorsi di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi, per l’avvio e l’esercizio dell’attività delle imprese sul territorio. Convenzioni sottoscritte dalle medesime Unioni dei Comuni montani, la Regione e lo Stato.
Strumento della proposta è pure la gestione del patrimonio ambientale pubblico e privato attraverso l’incentivazione dell’attività del cosiddetto agricoltore custode. L’idea di fondo è quella di attivare l’industria del bosco, ma di farlo con il coinvolgimento di tutta la comunità. I fondi e le risorse sono quelli della programmazione comunitaria, troppe volte dispersi in mille microinterventi senza una programmazione alle spalle. Con la certificazione scientifica e burocratica dell’attività che l’agricoltore svolge a favore della collettività. Questo anche al fine di compensare economicamente e fiscalmente detta attività. In particolare con l’attivazione di zone franche montane.
Infine, come strumento-rete di sostegno dell’attuale e drammatica condizione delle comunità rurali, una serie di incentivi e premialità a finanza statale che rafforzino l’intendimento di voler vivere, lavorare e fare impresa nei comuni rurali. Proposte conseguenti al lavoro già attuato in materia di Distretti, agenzie di sviluppo composte da soggetti pubblici e privati, la cui strategia che abbiamo attivato in tutte le regioni è la principale azione nazionale per affrontare sistematicamente e concretamente la transizione energetica e la valorizzazione delle comunità rurali e montane.
Efisio Arbau
Responsabile Aree Rurali e Montane