Caro prezzi delle materie prime in agricoltura. Per sintetizzare uso le parole del mio amico pastore Tonino Siotto: “Efisio stiamo pagando i tanti soldi dati per non produrre, lasciando i terreni incolti”. Il tema, indicata una delle concause, è indicare la parte costruttiva che nel medio periodo possa portarci fuori dai guai. Io una idea ce l’ho e la dico subito tipo slogan: Sardegna totalmente naturale (biologica) e distrettualizzata, nel senso che i territori si diano strategia aggregando gli agricoltori ed in generale gli attori del mondo rurale, compresi gli enti locali, entro il 2030.
Termine che rappresenterà la coda sostanziale della programmazione di fondi comunitari 2023/2027. Perché naturale e distrettuale e come fare? Intanto per essere chiari. Coloro che hanno progetti aziendali singoli, i capitani di impresa solitari, se la dovrebbero cavare da soli e senza sostegno pubblico. Coloro che aderiscono ad un piano distrettuale vero e monitorato, viceversa, dovrebbero essere sostenuti nello sforzo collettivo di livello distrettuale.
La transizione verso il naturale e biologico. Per preservare l’ambiente e garantire i consumatori con prodotti genuini ma anche per darci una identità agricola vera, riconoscibile e spendibile nel mercato. Non più parole ma documentare distrettualmente e senza burocrazia le coltivazioni naturali e gli allevamenti certificati al benessere animale. Dare valore aggiunto ai prodotti e quindi a chi li produce.
Tagliare alla radice l’ambiguità di prodotti marchiati come sardi ma con materie prime di bassa qualità provenienti dagli allevamenti intensivi europei e continentali. Obbligarci e rendere comunque conveniente coltivare e produrre nell’ambito distrettuale. E, conseguentemente, obbligare l’agroindustria e la grande distribuzione a comprare i prodotti sardi a prezzi remunerativi per gli agricoltori. Posto che l’agroindustria sarà portata a trattare con i distretti, che garantiranno la qualità ed l’auto-controllo e non più con i singoli.
Tutto questo miracolo come si attua? Appunto con un piano di sviluppo rurale vero, discusso con gli agricoltori e con importanti risorse già stanziate e che possono essere integrate con fondi dedicati ai distretti e alle filiere. Non siamo all’anno zero. Ci sono già Distretti operativi e tanti partenariati che si stanno formando. E soprattutto gli agricoltori sono obbligati a prendere in mano il proprio destino.
Efisio Arbau