La POLITICA SANITARIA sarda è la fotografia più nitida della società che la esprime. Una società parassitaria e senza progetto, appunto, da almeno vent’anni.
Per questo ho sempre pensato che le strumentalizzazioni delle sue deficienze faccia il paio con l’uso disinvolto di assunzioni ed incarichi a fini politici. Sono stato critico, molto critico, con la precedente giunta regionale, la quale ha elaborato tra l’altro un piano di razionalizzazione della rete ospedaliera imperniata su Cagliari e Sassari. Il male assoluto che di fatto ha cancellato la terra di mezzo.
Non ho ancora inquadrato il progetto attuale, essendo onestamente stato poco attento alla vicenda. Detto questo, chi vuole cambiare la Sardegna deve cancellare l’attuale sistema sanitario e rifondarlo dalle fondamenta, scorciatoie non ce ne sono.
La mia storica idea è che, innanzitutto, la diagnostica debba essere totalmente convenzionata, ciò comporterebbe il sicuro abbattimento delle liste d’attesa e la riduzione dei costi per le casse pubbliche e costi inalterati per gli utenti. Peraltro, con la possibilità di portare nel territorio, per bando e convenzione, i laboratori convenzionati.
Con questo accorgimento il pubblico si potrebbe dedicare esclusivamente all’ospedaliero e alla medicina del territorio.
Due battute per dire, insomma, che l’assistenzialismo ed il clientelismo nella sanità ci costano troppo, sia in termini di esborso di soldi pubblici che nella profonda inefficienza del sistema.